
Molte sono le etimologie che vanno ad catalogare quel luogo che la tradizione cattolica indica come inferno.
La tradizione ebraica, come luogo fisico lo aveva attribuito meforicamente nella valletta della Geenna, o valle di Hinnom, sul lato meridionale del monte Sion, dove in principio si eseguivano sacrifici di fanciulli in onore del dio Moloch, divinità fenicia, e in seguito si bruciavano cadaveri di avversari morti in battaglia e rifiuti in epoca romana, lo esplicita chiamandolo sheol (dimora dei morti), più nello specifico "abisso"; lo stesso Gesù nella parabola del povero Lazzaro e il ricco epulone, ci racconta come il ricco nei tormenti dell'inferno, vide di lontano Lazzaro nel seno di Abramo, mentre lui soffriva terribilmente. Allora chiamò il patriarca di pregarlo a intingere la punta del dito di Lazzaro nell'acqua e versandogliela sulla lingua, perché la fiamma lo torturava, ma Abramo riprese ricordandogli la sua condotta a paragone di quella di Lazzaro, per di più, e qui specifica, che tra i due è stabilito un abisso che è impossibile da valicare, sia dall'uno che dall'altra parte.
Ancora Gesù, secondo il simbolo degli apostoli dopo la morte discese agli inferi, e secondo la tradizione, a predicare la buona novella ai morti, per liberarli dalla prigione; infatti prima del sacrificio del figlio dell'uomo non c'era ancora la riconciliazione a causa del peccato.
L'arte, i racconti e il suo contesto viene idealizzato nell'immaginario, come un 'luogo' di tormenti e supplizi, tuttavia va considerata l'allegoria di tale concetto, in verità alla luce di uno stato se possiamo dirlo, in cui l'anima si ritrova.
Gesù a riguardo di questa 'condizione' specifica esprimendo: "dove il loro verme non muore e il loro fuoco non si estingue."
Bisogna evincere come il nostro stato temporale, ci consenta di fare esperienze e di prendere le nostre decisioni, in merito ai vari contesti di vita quotidiana, tanto più, in merito alla questione teologica. In molti episodi evangelici, Gesù ci mostra la necessità e l'urgenza della conversione, ma anche la vigilanza: tale ne è nell'episodio delle vergini sagge e le vergine stolte, che rimangono chiuse fuori la festa nuziale, in quanto sprovviste dell'olio per le lampade che gli avrebbe permesso durante la veglia notturna di essere pronte per l'arrivo dello sposo, o ancora, l'arrivo inaspettato del figlio dell'uomo, nell'ora che non immaginiamo.
L'incontro con Dio è al tempo stesso, il momento in cui lasciamo questo mondo, il temporale, per l'eterno. E quale sia il nostro sentimento in merito la questione teologica, tale sarà il definitivo: la morte, il giudizio e il destino eterno, come espongono "i novissimi."
Dobbiamo considerare il passaggio da un entità temporale ad una atemporale come una condizione di permanenza, intesa come presa coscienza di un sentimento in "estensione", per fare un esempio: o amore o odio.
Chiaramente prendere coscienza di questo sentimento (odio) in una dimensione eterna, produce l'esecuzione di tale predisposizione.
Qualcuno asserisce che l'inferno non esiste, in qualche modo potrebbe risultare vero, in quanto non è certo voluto da Dio, che per l'uomo ha servito la salvezza, piuttosto è la decisione finale di odiare Dio, dunque, una totale assenza di Dio, e la consapevolezza di aver preso una decisione così drastica per sé stesso provoca un rimorso che riverbera come:"Dove il loro verme non muore e il loro fuoco non si estingue."
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