
"Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». ( Giovanni 6, 48-56)
Ogni volta che leggo questo passo del Vangelo, sebbene, come cristiano abbia assorbito l'insegnamento della dottrina apostolica, mi viene da pensare: "Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?"
"Lo stesso Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui." ( Giovanni 6, 61-66)
In seguito lo stesso Gesù si rivolse ai dodici dicendogli se anche loro volessero andarsene, e Pietro prendendo la parola disse: " «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»"
Sicuramente questo, è uno tra i discorsi più enigmatici e difficili da assorbire di Gesù, del Vangelo secondo Giovanni, che segue il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, le folle estasiate e saziate dal prodigio, vanno in cerca di Gesù nei villaggi intorno al mare di Galilea, e lo trovano a Cafarnao, e quando lo trovano prendendo parola uno di essi gli dice: "Rabbì quando sei venuto qui?"
Gesù a seguito di questa domanda, ironizza affermando che essi siano venuti a cercarlo, perché hanno saziato il loro ventre, e non lo spirito con i suoi insegnamenti, e questo apre lo scenario che porta al grande discorso della sinagoga di Cafarnao di cui sopra l'estratto.
La figura di Gesù esige di essere analizzata dal punto di vista della sua natura: Lui è l'Uomo/Dio, duplice natura, vero uomo e vero Dio, le scritture parlano di similitudine con la carne, ma non identica, lo stesso Gesù sul Tabor si trasfigura davanti gli apostoli, mostrando un altro aspetto, qualcuno potrebbe dire corpo astrale, o meglio spirituale, di diversa natura, che ha la vita in sé stesso (come il Padre), Lui, la luce vera che viene nel mondo e splende nelle tenebre, simbolo di peccato, corruzione, morte, opposto alla luce, di tutto ciò che è destinato a perire, contrario alla vita, sè stesso; si definisce riferito al corpo, "tempio", luogo in cui abita la divinità, la dimora del Dio, non fatto da mani d'uomo.
Tante potrebbero essere le associazioni da considerare in merito l'umanità e la divinità di Cristo, ma rimaniamo in merito al corpo o meglio la sua carne, che Egli ci da per avere la vita eterna; si paragona alla manna che gli ebrei mangiarono durante l'esodo, durante il peregrinare nel deserto, il pane disceso dal cielo, tuttavia, specifica che coloro che hanno mangiato la manna sono morti, dimorano nello sheol (dimora dei defunti),Lui, mentre è il pane vivo che discende dal cielo, si paragona al simbolo del pane: i pani delle offerte dei sacerdoti, il pane che offrì Melchisedec Re e Sacerdote (figura di Cristo) insieme al vino dopo la vittoria di Abramo sui suoi nemici, la stessa Betlemme luogo di nascita di Cristo, che etimologicamente si traduce "casa del pane", e tanto altro.
I rituali dell'epoca, prevedevano che si consumassero, le offerte alla divinità, e senza entrare nello specifico, Cristo metaforicamente, nel suo discorso si identificava come offerta espiatrice, e da la sua carne, che è vero cibo e vera bevanda (il suo sangue).
La risurrezione ci suggerisce come come il Cristo avendo in sé la vita, ha la "potenza" di offrire e riprendere la vita, lo si definisce "primizia" di coloro che risuscitano dai morti, e coloro che consumano la sua "carne" e bevono il suo "sangue", partecipano alla sua resurrezione. Alcuni esegeti avevano considerato come quando si consuma un pasto, il boccone, venisse assimilato dall'organismo; alla stessa maniera, ma diametralmente opposta, quando ci si ciba del corpo di Cristo, il pane "vivo", assimila la persona, morta nel peccato (il boccone non ha vita), dunque, si diviene corpo di Cristo, si assume, quindi, la natura di un Dio/Uomo, che avendo sconfitto la morte ed assiso alla destra del Padre, per partecipazione alla sua carne siamo destinati alla stessa sorte.
Diviene, dunque, necessaria assumere la sua carne per essere parte della sua gloria, altrimenti si merita la corruzione e la morte, alla consumazione dei tempi.
Il rinnovo del sacrificio incruento su tutti gli altari in cui si celebra l'Eucarestia, "impone" (pena la morte eterna) ai credenti in Cristo di nutrirsi costantemente del suo corpo rinnovando in perenne memoria nello spirito e nella propria carne, soggetta alla concupiscenza, la vigilanza e la costanza, perché i corrotti non erediteranno il regno, per entrare bisogna partecipare alla natura divina, ed il cristiano è partecipe per mezzo della carne di Cristo in sè stesso, cosicché Lui vive in noi, e noi in Lui.
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