
Sappiamo che Abramo è il primo dei patriarchi, a lui parlò Dio e gli disse:
"Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò.
Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra». (Gn 12. 1,3)
Abbiamo sempre dato per scontato che Abramo avesse una familiarità con Dio, che a lui si fosse manifestato e che avesse una predilezione.
Ma ad Abramo prima di allora chi fosse non ci è lecito saperlo con precisione. Suo padre Terach apparteneva ad una discendenza semita, secondo la genealogia biblica, la loro collocazione pare che fosse in Ur terra dei Caldei, come vuole la tradizione.
Secondo alcuni studi, l'epoca in cui si attesta il racconto biblico, si colloca verso il secondo millennio a.c., in una terra dove ebbe luogo la nascita delle prime civiltà, la Mesopotamia, nella città di Ur che deve la sua importanza al tempo per via del famoso re Hamurrabi ed il suo leggendario codice legislativo.
Abramo era molto ricco di bestiame, argento ed oro, continua il racconto. Quando l'uomo abbandonò la condizione di cacciatore e raccoglitore, imparando l'agricoltura e l'allevamento, si distinsero appunto due categorie, l'agricoltore che divenne stabile nei luoghi in cui si insediava e l'allevatore che vagava initiretariamente di luogo in luogo alla ricerca di pascoli per il bestiame. La vita degli allevatori, era molto più rigida di quella degli abitanti delle città, che spesso si davano agli eccessi, come la narrazione biblica di Sodoma ci espone, anzi, in quei tempi erano usuali i sacrifici umani nelle civiltà agricole, ed erano quasi del tutto assenti nelle tribù di allevatori, che basavano il loro sostentamento al prosperare dei loro greggi.
La tradizione vuole che Abramo si riferisse nei confronti del suo Dio, chiamandolo "l'Onnipotente", anche se essa risulta essere una traduzione lessicale per renderlo più alla nostra portata, ma in origine, veniva usato il termine "El Shaddai", che alcuni hanno tradotto come "Dio della montagna", oppure, "Dio della steppa", un termine che si inserisce bene nel contesto tribale di cui Abramo faceva parte, fatta di luoghi spaziosi e immensi territori dove far pascolare le greggi, oppure, alle pendici di imponenti montagne, a seconda delle stagioni, come fanno ancora quei pochi allevatori che secondo tradizione spostano le mandrie nelle pianure in inverno e negli altopiani d'estate.
Forse Dio, abitava quei luoghi, e lì gli si manifestava, certamente non nelle rumorose città dove si eseguivano le peggiori nefandezze.
Probabilmente, non era un Dio sconosciuto anche agli antenati di Abramo, anzi tutto lascia pensare ad una continuità.
La genealogia da Sem (figlio di Noè) ad Abramo, è frutto di tradizioni antichissime e prive di storicità comprovata, vanno dunque accettate per quelle che sono, tradizioni socio culturali.
Tuttavia risulta interessante il legame che assume nei confronti del Zoroastrismo, uno dei primi culti monoteistici della storia umana comprovata. Esso, il profeta della religione (Zoroastro), annunciva il dio unico Ahura Mazda (Signore Saggio) creatore del cielo e della terra, un dio con tratti, diremmo più che somiglianti con il Dio ebraico.
Allo zoroastrismo si devono degli scritti chiamati Avesta, e i più antichi attribuiti ai Gāthā, degli inni, dei canti religiosi che risalgono secondo la tradizione ad una società tribale di allevatori di bestiame della Mesopotamia, all'incirca del secondo millennio a.c., lo stesso Zoroastro pare che avesse tali origini, guarda caso, elementi più che comuni con l'Abramo biblico.
Ancora dei forti legami, lo si ha nel racconto evangelico dei magi, guarda caso secondo alcune fonti, sacerdoti zoroastriani, che vedevano nel compimento delle promesse di Ahura Mazda, la nascita del re e sacerdote profetizzato secondo i testi degli Avesta. Un ricongiungimento con le origini comuni, di cui Abramo probabilmente ne faceva parte, infatti il termine utilizzato da Dio quando gli disse: Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre", potrebbe significare una rottura con la tradizione, ma per fini più eccelsi (Abramo nel termine più autentico significa: "mio padre è eccelso"); e continua: "Farò di te una grande nazione
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò,
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra.", da Abramo,infatti, dalla sua discendenza, uscirà il Salvatore, il Cristo che ricongiunge a sé tutte le cose.
In Abramo c'è una continuità con il Dio unico, tuttavia, egli rappresenta il patriarca ideale sul quale rappresentare l'umanità credente (Abramo fu giustificato mediante la fede), come lo sono stati Seth (figlio di Adamo dopo Caino e Abele: in seguito Adamo ebbe altri figli, ma a parte Seth, non vengono menzionati), e tutti gli altri pre-diluviani, fino a Noè.
Abramo tuttavia ha qualcosa in più, è soggetto della benedizione divina su di lui e per riflesso su tutte le famiglie della terra, ovvero l'umanità credente.
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