Matriarcato versus Patriarcato

Pubblicato il 21 marzo 2025 alle ore 17:23

Dalle cronache di questi ultimi tempi, si erge un confronto di genere a motivo di un estenuante lavoro ideologico volto a togliere le differenze biologiche tra l'uomo e la donna.
Da ciò se ne conclude una lotta senza esclusione di colpi, tra l'emancipazione della donna nella scalata sociale, e il ridimensionamento dell'uomo nel contesto familiare e lavorativo che sbrigativamente è stato definito patriarcato.
L'Uomo e la Donna, la coppia, che in principio secondo la visione teologica, formano una sola carne, appaiono oggi, più che mai, divisi e in competizione tra loro.
Le cronache ci confermano questo evidente stato di confusione sociale, che spesso sfocia in prevaricazioni, violenza e morte. Per poter razionalizzare e comprendere appieno questo processo che ci ha portato alla situazione attuale, bisogna affrontare la questione antropologica, che caratterizza anche la componente biologica in merito al contesto naturale che ci caratterizza.
Ogni organismo sulla terra, basa la sua sopravvivenza nel modo di affrontare le difficoltà che il contesto naturale offre. Così, è stato centinaia di migliaia di anni fa, quando l'uomo moderno fa capolino nel mondo, un mondo ancora selvaggio, dove i punti forza erano rappresentati dalla collaborazione e le peculiarità biologiche, con cui la natura aveva fornito il genere Homo. Se la componente intellettuale era la spinta primaria, che lo ha contraddistinto da tutte le altre specie animali, le altri doti biologiche non di certo passavano in secondo piano. L'Uomo e la Donna, se ad uno sguardo superficiale non sembrano avere grosse differenze, per via del mancato dismorfismo sessuale (la caratteristica per cui il genere maschile è molto più grande del genere femminile), al contempo, possiede ancora, alcune caratteristiche che vengono trasferite con il cromosoma Y, ovvero, densità ossea, forza muscolare maggiore, in rapporto alla massa corporea (nell'uomo vi è in rapporto alla massa il 40% di massa muscolare, mentre nella donna il 20%), livelli di emoglobina superiore, sempre in rapporto alla sua densità ossea e muscolare, testosterone, ed eccetera in concomitanza a quanto detto. È chiaro che se la nostra struttura biologica appare differente, è altrettanto lucido che i ruoli sono stati diversi nel corso di queste centinaia di migliaia di anni. L'Uomo, in merito, a quanto sopra, appariva il candidato ideale per eseguire il lavoro per cui la sua struttura fisica l'aveva concepito, ovvero, il prototipo del cacciatore, e così deve essere stato, come le testimonianze storiche ci hanno riportato. Se da un lato poteva sembrare l'elemento preponderante del contesto sociale primitivo, alla stessa maniera, non meno importante appariva il ruolo femminile per cui la sua biologia l'aveva contemplata. Da notare che per molto tempo, una delle divinità principali dei popoli primitivi, fu la dea Madre, un culto molto antico che fu associato probabilmente alle statuine del paleolitico, rinvenute in più parti del mondo, maggiormente in Europa, ma anche in medio oriente, in nord Africa e persino in Siberia. Questa dea Madre, secondo la mitologia comparata, probabilmente era strettamente legata anche alla figura biblica di Eva, madre dei viventi, ed in effetti le stesse statue del paleolitico palesavano apertamente la figura della fertilità per le sue fattezze fisiche. Per molto tempo, nell'area del mediterraneo, la figura della dea madre, ha predominato come figura ancestrale dai caratteri femminili, probabilmente per l'importanza cruciale della donna nell'ambiente primitivo. La donna, infatti, oltre a generare, si prendeva cura della prole e probabilmente, gestiva l'ambiente domestico, quando gli uomini uscivano per la caccia, lontani dall'accampamento anche per qualche giorno. Per questo la sua funzione sociale, appariva necessaria e non di supporto. La stessa narrazione biblica, assume dei caratteri poetici e romantici: l'uomo nonostante il ruolo centrale nella storia, appare incompleto per via della mancanza "dell' aiuto che le fosse simile".La sua assenza, momentanea, è un preambolo per il discorso centrale, appunto la sua creazione. Il racconto della costola, per antonomasia allegorico, assume tutto il carattere di un rapporto di reciprocità, infatti, l'uomo riconosce la donna, essere tratta da sé, non come fenomeno di acquisizione, o di supremazia e subordinazione in rapporto all'uomo, dove a quei tempi e in quei contesti era più facile essere assoggettati che equiparati. La donna è l'altra metà della stessa parte, come racconta Platone per bocca di Aristofane, nel suo Simposio. L'Uomo e la Donna appaiano complementari e in armonia nel loro contesto specifico, i loro ruoli nell'aspetto naturale non vanno ad sovrapporsi, ma fluiscono e rendono scorrevole l'esistenza nel proprio apparato di competenza: l'uomo è l'uomo, e la donna è la donna.
L'ideologia con cui si prevarica il Sè, come parte di quello che siamo, ci conduce solo verso un remare controcorrente, l'uomo e la donna inboccati in direzioni opposte al loro originario senso di appartenenza, perdono il loro orientamento, a favore di un insensato progresso umano.
Ma quale futuro potrà mai avere l'umanità se si precludono i ruoli che Dio ha fornito all'uomo per il successo della nostra specie che si racchiude nella parola famiglia?


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