
Quale relazione hanno il Dio dell'Antico Testamento e Gesù Cristo, il Messia che la tradizione Cristiana nella sua teologia ha equiparato alla seconda Persona della Santissima Trinità?
Le sacre scritture, ci rivelano la verità assoluta, in quanto esse contengono tutto ciò che necessita all'uomo di fede per trovare la verità. Lo stesso Cristo ci ha detto: "Chi cerca trova!", lui stesso è "Via, Verità e Vita!", lui stesso ha detto "Io e il Padre siamo una cosa sola!"
Nell'Antico Testamento, l'espressione "Angelo del Signore" (in ebraico Malakh YHWH o Malakh Elohim, cioè "messaggero di Yahweh" o "messaggero di Dio") è una figura biblica che ha suscitato diverse interpretazioni, sia all'interno dell'ebraismo che, soprattutto, nel cristianesimo.
Nella tradizione ebraica.
Un messaggero divino:
La comprensione più basilare è che l'Angelo del Signore sia un vero e proprio angelo, una creatura celeste incaricata da Dio di portare un messaggio, eseguire un comando o rappresentare la Sua volontà. Il termine ebraico malakh significa semplicemente "messaggero", e può riferirsi sia a esseri umani che a esseri celesti. In molti casi, l'angelo è una distinzione netta da Dio stesso.
La presenza di Dio in un messaggero:
Tuttavia, ci sono passaggi dove l'Angelo del Signore non sembra essere un semplice messaggero, ma piuttosto una manifestazione diretta di Dio stesso. Spesso, dopo un'apparizione dell'Angelo del Signore, il testo passa a riferirsi direttamente a Dio, come se l'Angelo fosse Dio stesso in una forma visibile. Ad esempio, nel racconto di Mosè e il roveto ardente (Esodo 3):
In Esodo 3:2, "l'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto".
In Esodo 3:4, "Dio lo chiamò di mezzo al roveto e disse: 'Mosè! Mosè!'".
Questo suggerisce che l'Angelo non è un'entità separata, ma una forma attraverso cui Dio si manifesta.
Rivelazione di Dio senza vederne il "volto":
Poiché l'Antico Testamento afferma che "nessuno può vedere Dio e vivere" (Esodo 33:20), l'Angelo del Signore potrebbe essere un modo per Dio di interagire con gli uomini in forma visibile senza che questi vedano la Sua piena gloria e potenza, preservando la loro vita.
Nella teologia cristiana.
Per la teologia cristiana, l'interpretazione dell'Angelo del Signore assume un significato ancora più profondo e specifico. Molti teologi cristiani identificano l'Angelo del Signore come una Cristofania, ovvero una manifestazione pre-incarnata di Gesù Cristo.
Questo significa che, Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è colui che si è manifestato nell'Antico Testamento come "l'Angelo del Signore". Non è un angelo comune, ma una delle Persone della Trinità che assume una forma visibile per interagire con l'umanità.
Identificazione con YHWH:
Come visto nell'esempio del roveto ardente (Esodo 3), l'Angelo del Signore parla e agisce con l'autorità di Dio stesso, e in alcuni casi il testo lo identifica direttamente con YHWH. Dare a YHWH un nome o un titolo (come "Angelo del Signore") è significativo, e suggerisce che si tratti di una rivelazione specifica della sua persona.
Accettazione di adorazione:
A differenza degli angeli comuni che rifiutano l'adorazione (come in Apocalisse 19:10; 22:8-9), l'Angelo del Signore in alcuni passi dell'Antico Testamento accetta l'adorazione, il che sarebbe appropriato solo per Dio stesso.
Implicazioni del Nuovo Testamento:
Il Vangelo di Giovanni afferma che "nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è Colui che l'ha fatto conoscere" (Giovanni 1:18). Questo supporta l'idea che le manifestazioni di Dio nell'Antico Testamento fossero del Figlio. Inoltre, l'affermazione di Gesù "prima che Abramo fosse, io sono" (Giovanni 8:58) si lega a questa preesistenza divina.
Il "messaggero dell'alleanza":
Il profeta Malachia (3:1) parla di un "messaggero dell'alleanza" che verrà. Molti cristiani lo interpretano come un riferimento a Gesù Cristo, che è sia il messaggero che il garante della Nuova Alleanza.
Esempi di apparizioni dell'Angelo del Signore nell'Antico Testamento (spesso interpretate come Cristofanie):
Ad Agar
L'Angelo del Signore le appare nel deserto e le parla con autorità divina, promettendo discendenza (Genesi 16:7-13). Agar stessa lo chiama "Tu sei l'Iddio che mi vede".
Ad Abramo
L'Angelo del Signore ferma Abramo dal sacrificare Isacco (Genesi 22:11-12). L'Angelo dice: "Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico". L'Angelo parla come se fosse Dio stesso.
A Giacobbe
Giacobbe lotta con un "uomo" che egli poi identifica come Dio, dicendo: "Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata" (Genesi 32:24-30). In un altro passo, Giacobbe benedice i figli di Giuseppe e invoca "l'Angelo che mi ha liberato da ogni male" (Genesi 48:16).
A Gedeone
L'Angelo del Signore appare a Gedeone e lo incarica di liberare Israele (Giudici 6:11-24). Anche qui, Gedeone costruisce un altare al Signore (YHWH) dopo l'incontro.
C'è un'importante sfumatura da cogliere nel rapporto tra il Logos (il Verbo) e l'Angelo del Signore nella teologia cristiana, specialmente in relazione al "messaggio di Dio".
Il Logos (Verbo) e la Sua Identità
Nel cristianesimo, il Logos (dal greco, spesso tradotto come "Verbo" o "Parola") non è semplicemente un "messaggio" o un "messaggero" nel senso comune del termine. Secondo il Vangelo di Giovanni, il Logos è una Persona divina coeterna con Dio Padre e pienamente Dio.
Giovanni 1:1-3:
"In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste."
Giovanni 1:14: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità."
Il Logos è identificato come il Cristo preesistente, la Parola divina creatrice e rivelatrice che poi si incarna in Gesù di Nazaret. Non è un messaggio inviato da Dio, ma è Dio stesso che si comunica e si rivela.
L'Angelo del Signore e la Sua relazione con il Logos
come abbiamo discusso, l'Angelo del Signore nell'Antico Testamento è spesso interpretato dai teologi cristiani come una Cristofania, cioè una manifestazione pre-incarnata del Logos divino.
Quindi, non è che il Logos "si accosta" all'angelo come se l'angelo fosse un'entità separata a cui il Logos si unisce, piuttosto:
L'Angelo del Signore è il Logos stesso (Gesù Cristo pre-incarnato) che, in un determinato momento dell'Antico Testamento, assume una forma visibile per comunicare con l'umanità.
È il Verbo divino che si manifesta come l'Angelo del Signore. In questo senso, l'Angelo è la forma o il veicolo attraverso cui il Logos, Dio stesso, porta il suo messaggio o compie la sua volontà.
Il Verbo Stesso come "Messaggio"
Si può dire che il Verbo (il Logos) è il messaggio definitivo di Dio, perché la sua incarnazione in Gesù è la rivelazione più completa e finale di Dio all'umanità. In questo senso, il Verbo non è solo il portatore del messaggio, ma è il messaggio vivente e personificato.
La Rivelazione del Nome di Dio a Mosè (Esodo 3:13-14)
Nel libro dell'Esodo, Mosè chiede a Dio quale sia il Suo nome affinché possa dirlo agli Israeliti.
Dio risponde:
"Io sono colui che sono" (ebraico: אהיה אשר אהיה - 'Ehyeh Asher 'Ehyeh). E aggiunse: "Dirai ai figli d'Israele: 'Io Sono mi ha mandato a voi'". (Esodo 3:14)
Il nome divino rivelato, "Io Sono" (o "Io Sono Colui Che Sono"), è la radice del nome proprio di Dio, YHWH (Yahweh, spesso tradotto con "il Signore"). Questo nome esprime la natura eterna, autoesistente e immutabile di Dio. Implica che Dio è l'essere per eccellenza, colui che è sempre stato, è e sarà.
L'Affermazione di Gesù: "Prima che Abramo fosse, Io Sono" (Giovanni 8:58)
Nel Vangelo di Giovanni, durante un acceso dibattito con i Giudei a Cafarnao, Gesù afferma:
"In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono." (Giovanni 8:58)
L'affermazione di Gesù è estremamente significativa per diversi motivi:
Il Richiamo a Esodo 3:14: L'uso della frase "Io Sono" (εγώ εἰμι - egō eimi) non è casuale. Nel contesto greco della Septuaginta (la traduzione greca dell'Antico Testamento usata all'epoca), egō eimi è la traduzione utilizzata per il nome divino "Io Sono" rivelato a Mosè. Gesù sta consapevolmente utilizzando la stessa espressione che Dio usò per rivelare la Sua identità a Mosè.
Preesistenza Eterna:
L'affermazione "prima che Abramo fosse" indica chiaramente la preesistenza di Gesù, ovvero che Egli esisteva prima di Abramo. Non si tratta solo di una preesistenza temporale (essere nato prima di Abramo), ma di una preesistenza eterna e divina.
Abramo ebbe un inizio nel tempo, ma Gesù afferma di essere (Io Sono) senza un inizio.
Reazione dei Giudei:
La reazione immediata dei Giudei è altrettanto rivelatrice: "Allora essi raccolsero pietre per gettarle contro di lui" (Giovanni 8:59). Secondo la Legge ebraica, la lapidazione era la punizione per la blasfemia. I Giudei compresero perfettamente che Gesù, un uomo, stava affermando di essere il "Io Sono" divino, cioè stava affermando di essere Dio. Non lo fraintesero come un semplice riferimento alla sua esistenza prima di Abramo, ma come una rivendicazione di divinità.
Conclusione per la Teologia Cristiana:
Per i cristiani, il parallelismo tra la rivelazione di Dio a Mosè ("Io Sono") e l'affermazione di Gesù ("Io Sono") è una prova inequivocabile della divinità di Gesù Cristo e della sua identità con il Dio dell'Antico Testamento.
Gesù non sta solo dicendo di essere esistito prima di Abramo; sta dicendo di essere il Dio eterno e autoesistente rivelato a Mosè.
Questa affermazione è una delle più forti dichiarazioni di divinità di Gesù nei Vangeli e supporta la dottrina che Gesù è la seconda Persona della Trinità, il Figlio coeterno con il Padre, che era attivo e presente anche nell'Antico Testamento come il "Logos" (la Parola) di Dio.
Quindi, per la fede cristiana, questo specifico passaggio del Vangelo di Giovanni, in connessione con Esodo 3, fornisce una chiara conferma che Gesù non è solo un profeta o il Messia, ma è la stessa Divinità che ha rivelato il Suo nome a Mosè.
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