
Nel rituale dello Yom Kippur (Giorno dell'Espiazione) descritto nel Levitico, due capri venivano presentati. Uno veniva sacrificato a Dio. L'altro capro, quello "per Azazel," era caricato simbolicamente dei peccati del popolo e poi condotto nel deserto, in un luogo desolato, a morire o disperdersi, portando via con sé i peccati e l'impurità della comunità.
Anche qui, i temi chiave sono:
- Espiazione e Purificazione: I peccati e le impurità del popolo vengono simbolicamente trasferiti su un essere vivente.
- Rimozione e Allontanamento: Il capro viene allontanato dalla comunità, portando con sé il male in un luogo dove non possa più contaminare.
- Delegazione del Male: Il male (il peccato) viene delegato a un'entità (il capro) e poi rimosso.
La connessione tra il "capro espiatorio" del rito di Yom Kippur e Gesù Cristo è una delle colonne portanti della teologia cristiana, che vede nel sacrificio di Gesù il compimento e la perfezione dei sacrifici rituali dell'Antico Testamento.
Come abbiamo visto, nel giorno di Yom Kippur venivano usati due capri:
- Il capro per il Signore: Sacrificato per l'espiazione dei peccati, con il suo sangue portato nel Santo dei Santi.
- Il capro per Azazel (il capro emissario o espiatorio): Sul quale venivano simbolicamente caricati i peccati del popolo e che veniva poi mandato nel deserto, portando via con sé le colpe.
Gesù come compimento di entrambi i capri
Nella visione cristiana, Gesù Cristo incarna e porta a compimento il significato di entrambi i capri:
- Gesù come il capro sacrificato per il Signore: La sua morte sulla croce è vista come il sacrificio perfetto e definitivo per i peccati dell'umanità. Come il sangue del capro purificava il santuario, così il sangue di Gesù, versato sulla croce, purifica i credenti da ogni peccato e li rende idonei a stare alla presenza di Dio. La Lettera agli Ebrei in particolare sviluppa questa idea, presentando Gesù come il Sommo Sacerdote che, con il proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel "santuario" celeste, ottenendo una redenzione eterna (Ebrei 9:11-14).
- Gesù come il capro emissario/espiatorio: Gesù si è "caricato" su di sé tutti i peccati dell'umanità. Questa è l'idea centrale della dottrina cristiana dell'espiazione: Gesù, pur essendo senza peccato, è stato "fatto peccato" per noi (2 Corinzi 5:21), ha subito la condanna e le conseguenze che spettavano all'umanità peccatrice. La sua morte fuori dalle mura di Gerusalemme, lontano dalla città santa, può essere vista come un parallelo simbolico all'invio del capro nel deserto, lontano dalla comunità, portando via i peccati. Lui è colui che "toglie il peccato del mondo" (Giovanni 1:29).
Differenze cruciali e la "superiorità" del sacrificio di Gesù:
Nonostante le potenti analogie, il cristianesimo sottolinea le differenze che rendono il sacrificio di Gesù superiore e definitivo:
- Unico e irripetibile: I sacrifici di animali, incluso quello di Yom Kippur, erano annuali e ripetibili. Il sacrificio di Gesù è stato una volta per tutte (Ebrei 9:12, 10:10), sufficiente a espiare i peccati di ogni tempo.
- Vittima perfetta: Gli animali erano creature imperfette. Gesù, essendo il Figlio di Dio e senza peccato, è la vittima perfetta, l'unico in grado di offrire un'espiazione definitiva.
- Volontarietà: Il capro era una vittima passiva. Gesù ha offerto se stesso volontariamente in sacrificio d'amore.
- Accesso a Dio: I sacrifici animali permettevano un accesso limitato e rituale a Dio. Il sacrificio di Gesù ha squarciato il velo del tempio (Matteo 27:51), aprendo a tutti i credenti un accesso diretto e permanente alla presenza di Dio.
In sintesi, la connessione tra il capro espiatorio e Gesù risiede nel concetto di sostituzione e rimozione del peccato.
Il rito di Yom Kippur prefigurava profeticamente la necessità di una vittima che si caricasse i peccati e li portasse via. Gesù è visto come il compimento ultimo di questa figura, il vero "Agnello di Dio" (anche se la simbologia dell'agnello è più legata alla Pasqua, il concetto di vittima sacrificale è lo stesso) che ha offerto se stesso per la redenzione e la riconciliazione definitiva dell'umanità con Dio.
Espiazione e Redenzione
Per Paolo, la morte di Gesù non è una semplice morte di un uomo giusto, ma un atto divino di espiazione e redenzione. Gesù, essendo senza peccato, si è offerto come sacrificio perfetto per annullare la schiavitù e la condanna che il peccato aveva portato all'umanità. In 1 Corinzi 15,3, Paolo scrive: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture".
- Sostituzione Vicaria: Un'idea forte in Paolo è quella della sostituzione vicaria. Gesù, pur non avendo commesso peccato, ha preso su di sé la nostra condizione di peccatori e ha subito la punizione che spettava a noi. In 2 Corinzi 5,21, Paolo afferma: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio". Questo non significa che Gesù sia diventato peccatore, ma che ha sopportato il peso e le conseguenze del peccato al posto nostro.
- Vittoria sul Peccato e sulla Morte: La morte di Gesù sulla croce, seguita dalla sua resurrezione, è la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. Attraverso il suo sacrificio, l'uomo non è più condannato dalla legge del peccato, ma può ricevere la giustificazione e la vita eterna per fede in Cristo. Paolo spiega in Romani 6 che, unendoci a Cristo nella sua morte e resurrezione attraverso il battesimo, moriamo al peccato per vivere una nuova vita nella giustizia.
- Giustificazione per Fede: Il punto focale della predicazione paolina è che la salvezza e la giustificazione non si ottengono per le opere della Legge (cioè osservando i precetti), ma unicamente per fede in Gesù Cristo. La morte di Gesù ha aperto la via per la riconciliazione con Dio, una riconciliazione offerta gratuitamente a chiunque creda.
Per San Paolo, la morte di Gesù sulla croce è il cuore della fede cristiana: un atto d'amore divino attraverso il quale Cristo si è caricato il peso dei nostri peccati per liberarci dalla loro schiavitù e aprirci alla comunione con Dio.
Ricapitolando, il rito era un atto annuale di purificazione e riconciliazione, un modo per il popolo di Israele di riconoscere i propri peccati e ricevere il perdono divino. Tuttavia, doveva essere ripetuto ogni anno, a indicare la sua natura temporanea e la necessità di un sacrificio più definitivo.
Nel Nuovo Testamento, in particolare nella Lettera agli Ebrei, la morte di Gesù viene presentata come il compimento e la realizzazione finale di tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza, incluso il rito dello Yom Kippur.
Sia il capro espiatorio che Gesù si caricano il peso del peccato. Il capro portava via i peccati del popolo nel deserto; Gesù, secondo la teologia paolina e cristiana, ha preso su di sé i peccati di tutta l'umanità.
Entrambi i riti mirano alla purificazione e alla riconciliazione con Dio. Nello Yom Kippur, il sangue del capro purificava il santuario e il capro emissario allontanava i peccati dal popolo. La morte di Gesù è vista come l'atto supremo di purificazione che ristabilisce la comunione tra Dio e l'umanità.
Il capro era un animale imperfetto e ripetibile. Gesù è considerato il Figlio di Dio, senza peccato, e il suo sacrificio è pertanto unico e perfetto. Questo è un punto cruciale per la teologia cristiana: solo una vittima senza macchia poteva espiare i peccati in modo definitivo.
Il rito dello Yom Kippur doveva essere ripetuto ogni anno, a significare che non poteva offrire una soluzione definitiva al problema del peccato. Il sacrificio di Gesù, al contrario, è un atto una volta per sempre ("ephapax" in greco, "una volta per tutte"), che ha un'efficacia eterna e non necessita di essere ripetuto. La Lettera agli Ebrei enfatizza che Gesù è entrato "una volta per sempre nel santuario, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, avendo ottenuto una redenzione eterna" (Ebrei 9,12).
Nel rito ebraico, solo il Sommo Sacerdote poteva entrare nel Santo dei Santi, e solo una volta all'anno. Con la morte di Gesù, il velo del Tempio si squarcia (Matteo 27,51), simboleggiando che la via a Dio è ora aperta a tutti i credenti, non più limitata a un sacerdote o a un luogo fisico.
Il sacrificio dello Yom Kippur era per i peccati del popolo di Israele. La morte di Gesù è intesa come un sacrificio per i peccati di tutta l'umanità, offrendo la salvezza a chiunque creda in Lui.
In conclusione, la morte di Gesù è vista dai cristiani non come una semplice ripetizione o un'imitazione del rito del capro espiatorio, ma come il suo compimento definitivo. Se il capro espiatorio prefigurava la necessità di un portatore di peccato, Gesù è il Capro di Dio che non solo porta via i peccati, ma li annulla in modo permanente attraverso la sua morte e resurrezione, stabilendo una Nuova Alleanza basata sulla grazia e sulla fede.
Matteo Papola e Leone di Giuda
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