
Il serpente assume in quasi tutte le culture un fenomeno onnipresente, esso è legato alla conoscenza ( Oracolo di Delfi e la Pizia), alla morte e alla vita ( ouroboro il serpente che si mangia la coda, con il suo simbolismo vita - morte - vita), al male ( il Serpente Apopi che cerca di divorare la nave del dio Ra impedendogli di far sorgere il nuovo giorno). Nella cultura ebraica, questi simbolismi sono tutti presenti e da essi se ne ricava un insegnamento profondo: il serpente incarna la conoscenza, la vita e la morte, ma anche le tenebre.
In questo articolo, il nostro Leone di Giuda, ci presenta l'episodio del serpente di bronzo e il suo significato più concreto: da un male il Signore ne trae anche un bene, per un insegnamento, ma anche in virtù dell'esperienza del peccato originale, perché l'uomo sia cosciente delle proprie scelte.
"Il serpente di bronzo
La punizione mediante i serpenti infuocati (nechashim serafim) si situa in un momento critico nel cammino del popolo d’Israele nel deserto: un momento in cui il peccato della mormorazione ha raggiunto un apice.
In Bemidbar / Numeri 21:6, il testo afferma:
“E l’Eterno mandò fra il popolo dei serpenti brucianti, che mordevano il popolo; e molti d’Israele morirono.”
Perché proprio i serpenti? Una misura per misura (middah keneged middah)
Il serpente fu maledetto nel Gan Eden (giardino dell'Eden) per aver proferito menzogne e calunnie (lashon hará) contro il Creatore stesso (Bereshit 3:4-5). Poiché Israele aveva commesso lo stesso peccato – parlando contro l’Eterno e contro Mosè – fu colpito da ciò che simboleggia la calunnia stessa: il nachash.
Inoltre, il serpente fu condannato a nutrirsi di polvere:
“Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai tutti i giorni della tua vita” (Bereshit 3:14).
Ciò che per l’umanità è miseria, per il serpente è nutrimento: egli trova soddisfazione là dove l’uomo si sente abbandonato. Così, chi disprezza la manna, il pane celeste, viene colpito da chi non conosce il valore del nutrimento spirituale.
La Teshuvah (pentimento) che solleva lo sguardo
Il popolo, riconoscendo il peccato, si rivolge a Mosè:
"Abbiamo peccato... prega Adonai ( Il Signore) affinché allontani da noi i serpenti.” (Bemidbar 21:7)
La richiesta è duplice: confessione e supplica. Mosè, modello del roeh ne'eman (pastore fedele), intercede prontamente, rivelando non solo la sua autorità spirituale, ma anche una lezione eterna sul perdono, come evidenziato da Rashi.
Adonai non elimina i serpenti, ma ordina a Mosè di costruire un nechash nechoshet, un “serpente di bronzo”, da porre su un’asta.
La Mishnah (studio per ripetizione - Rosh Hashanah 3:8) interpreta:
"Era il serpente a dare la vita o la morte? No. Quando Israele alzava lo sguardo verso l’alto e sottometteva il proprio cuore al Padre che è nei cieli, veniva guarito. Altrimenti, languiva.”
Questa riflessione sposta il significato dalla materialità del serpente di bronzo alla direzione spirituale dello sguardo: levare gli occhi al cielo, cioè riscoprire l’Emunà ( fede) nel cuore dell’uomo.
Il Mashiach (Messia) come ‘antitesi’ del serpente
Un dato affascinante è la gematria:
נחש (nachash, serpente) = 358
משיח (Mashiach) = 358
Questo non implica un'identità, bensì un confronto. Il serpente rappresenta il veleno, la menzogna, l’inganno che porta alla morte; Mashiach rappresenta la verità, la fedeltà al disegno divino, la guarigione che porta alla vita.
Per evitare fraintendimenti cristologici impropri, possiamo parlare del Tzaddik ( Giusto) Redentore (Tzaddik Go’el) o del Rimedio Divino come risposta di Adonai al veleno del peccato.
Nella tradizione rabbinica, il Mashiach è chiamato anche Menachem (מְנַחֵם), “Colui che consola”, e Refa’el, “Dio guarisce”. In questo contesto, possiamo vedere l’innalzamento del serpente come allusione all’innalzamento della soluzione divina alla condizione decaduta dell’uomo.
Il Zohar [Splendore] (III, 280b) associa il serpente alla necessità della rettificazione (tikun) interiore, poiché ciò che è stato causa di rovina può, per la misericordia di Dio, divenire occasione di riscatto.
Il veleno del serpente agisce quando ci lasciamo avvelenare dalla critica, dal sospetto, dall’ingratitudine. Ma la cura, l’antidoto celeste, è rivolgere il cuore all’Eterno con emunà e umiltà. Il Tzaddik innalzato, figura del Servo sofferente (ebed Adonai), non è una “controfigura del serpente”, ma il segno che Dio ha posto per la guarigione dei cuori.
Come recita Isaia 45:22:
"Volgetevi a Me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra.”
E come proclama Malachi 4:2:
"Per voi che temete il Mio Nome, sorgerà il Sole di Giustizia, e nei suoi raggi sarà la guarigione.”
Tratto da VIA TORAH COMUNITA MESSIANICA"
Leone di Giuda
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