Dabar

Pubblicato il 21 luglio 2025 alle ore 14:33

In questo insegnamento il nostro fratello Leone di Giuda ci porta sull'importanza della parola. Se uno dei traguardi importanti dell'umanità è stato il linguaggio, nel contesto ebraico la parola rappresenta un valore sacro. Dabar in ebraico significa appunto "parola", ma nel suo significato più profondo equivale a creare: quando noi pronunciamo una parola creiamo, portiamo all'esistenza un concetto, un elemento che prima non esisteva, se non nella nostra mente. Da qui tutta la responsabilità di usare le parole con ossequiosa responsabilità, le parole possono confortare, edificare, incoraggiare, ma possono anche distruggere.
Leone di Giuda ci offre una potente chiave di lettura.

"Amèn ve-amèn (amen e amen)!
Dibbur emet (discorso di verità) non è solo un comportamento, è una dimora per la Shekhinah (Presenza Divina). Come è scritto:

"Chi dimorerà sul tuo monte santo? Colui che cammina nell’integrità, pratica la giustizia e dice la verità con il suo cuore"
(Tehillim / Salmo 15:1-2)

Il linguaggio, nel pensiero ebraico, non è semplicemente uno strumento di comunicazione, ma una funzione sacerdotale. Non a caso, la prima funzione data ad Adam haRishon (il primo uomo) fu quella di dare nomi agli esseri viventi (Bereshit / Genesi 2:19). Dare un nome significava rivelare l’identità profonda — e oggi, ogni volta che parliamo, o riveliamo luce o generiamo caos (tohu va'vohu).

La Mishnah (ripetizione) (Avot 1:17) insegna:

"Shimon, suo figlio, diceva: Tutta la mia vita sono cresciuto tra i saggi, e non ho trovato nulla di meglio per il corpo che il silenzio."

Perché? Perché il silenzio custodisce la parola. E solo chi sa tacere per amore della verità, saprà parlare con timore di Elohim (Dio).

È scritto anche:

"C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare.”
(Qohelet / Ecclesiaste 3:7)

Riconoscere il tempo giusto per tacere e quello per parlare è una saggezza rara, dono di chi vive alla presenza dell’Eterno e non secondo l’impulso dell’animo. Chi non sa tacere, non saprà neanche benedire. Chi sa ascoltare prima di parlare, custodisce la verità.

Il Chafetz Chaim, uno dei grandi maestri dell'era moderna, ha scritto un intero codice halakhico (opere rabbiniche sull'intero corpo della legge) su questo tema, esortando il popolo a vegliare sulla lingua più che sul portafoglio. Disse:

"La calunnia è peggiore dell’omicidio, perché l’omicidio uccide una vita, la calunnia uccide tre: chi parla, chi ascolta e chi viene diffamato."

Yeshúa, nostro Re, Adon (Signore) e Rabbi (Maestro), ci ha insegnato che la parola è la finestra del cuore:

"L’uomo buono, dal buon tesoro del suo cuore trae il bene… perché la bocca parla dall’abbondanza del cuore."
(Luca 6:45)

L’apostolo Shaul (Paolo), fedele al pensiero ebraico, ci esorta a:

"Dire la verità nell’amore.”
(Efesini 4:15)
Questo è ciò che i maestri chiamano emunah ve’chessed — verità e benevolenza insieme, perché la verità senza amore ferisce, ma l’amore senza verità illude.

E l’apostolo Yaakov (Giacomo) ci richiama a uno stile di parola maturo e purificato:

"Siate pronti ad ascoltare, lenti a parlare, lenti all’ira…"
(Giacomo 1:19)
"Chi non cade con la lingua è uomo perfetto."
(Giacomo 3:2)

Come dire: la vera maturità spirituale non è quanta Torah conosci, ma come la pronunci la interiorizzi.

Kol tuv ve-shalom!"

Tratto dalla comunità messianica Sukkot

Leone di Giuda


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Commenti

Domenico
2 mesi fa

Complimenti

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