Corpo

Pubblicato il 5 settembre 2025 alle ore 23:38

Secondo la tradizione ebraica, il corpo umano è considerato un "piccolo cosmo" (Olam Katan) che riflette il mondo divino. Sebbene non esista un'unica risposta fissa, una prospettiva spesso citata, in particolare nella tradizione talmudica, afferma che il corpo è composto da un numero di parti corrispondente al numero delle mitzvot (precetti) nella Torah.
​Nello specifico, si dice che ci siano:
​248 membra o ossa, che corrispondono ai 248 precetti positivi della Torah.
​365 tendini o vasi, che corrispondono ai 365 precetti negativi (divieti) della Torah.
​In totale, questo porterebbe a un numero simbolico di 613 parti, che è il numero totale delle mitzvot. Questa corrispondenza sottolinea la profonda connessione tra il corpo fisico e la spiritualità, suggerendo che l'osservanza dei comandamenti ripara e perfeziona le diverse parti del corpo e, di conseguenza, dell'anima che lo abita.

L'analogia del Corpo di Cristo, usata da San Paolo nelle sue lettere (in particolare in 1 Corinzi 12 e Romani 12), è strettamente associata al concetto ebraico delle 613 mitzvot, ma in modo spirituale e simbolico.
​Mentre la tradizione ebraica associa le 613 parti del corpo ai 613 precetti come via per perfezionare il singolo individuo ebraico, San Paolo utilizza la metafora del corpo per descrivere l'unità e la diversità della Chiesa.

​Molte parti, un unico corpo
San Paolo afferma che, proprio come il corpo umano ha molte membra (occhi, mani, piedi) con funzioni diverse, così la Chiesa, pur essendo composta da molti credenti con doni e ruoli differenti, è un unico corpo unito in Cristo. Non c'è una gerarchia di importanza tra le membra, ma ognuna è necessaria per il funzionamento del tutto.

​Unità nella diversità
L'apostolo sottolinea che tutti i credenti, siano essi "Giudei o Greci, schiavi o liberi", sono stati battezzati in un solo Spirito per formare questo corpo. Questo concetto supera le divisioni sociali ed etniche, unendo tutti i battezzati in una singola entità spirituale.

​Cristo come Capo
Nella Lettera ai Colossesi e a quella agli Efesini, San Paolo chiarisce ulteriormente la metafora, specificando che Cristo è il Capo del corpo, che è la Chiesa. Questo significa che la vita e l'organizzazione della Chiesa derivano direttamente da Cristo, che la dirige e la alimenta.
​In sintesi, mentre il concetto ebraico delle 613 mitzvot si concentra sulla relazione tra il corpo individuale e l'obbedienza ai precetti divini, la visione paolina del Corpo di Cristo si focalizza sulla comunità dei credenti, usando l'immagine del corpo per illustrare l'unità, la diversità e l'interdipendenza tra i membri, tutti uniti e diretti da Cristo.

Sia nel concetto ebraico delle 613 mitzvot, sia nella visione paolina del Corpo di Cristo, l'interazione tra le diverse parti o funzioni non è di opposizione, ma di complementarità.

​Nel pensiero ebraico
I precetti positivi (azioni da compiere) e negativi (azioni da evitare) non si escludono a vicenda. Anzi, lavorano insieme per formare un quadro completo della vita di un ebreo devoto, modellando il suo comportamento e la sua relazione con Dio. Ad esempio, il precetto positivo di santificare lo Shabbat si completa con il precetto negativo di non svolgere lavori proibiti in quel giorno.

​Nel pensiero di San Paolo, le diverse "membra" del Corpo di Cristo (la Chiesa), con le loro differenti funzioni e doni, si completano a vicenda. Un occhio non può dire a una mano che non è necessaria; al contrario, le due funzioni sono complementari e contribuiscono al benessere dell'intero corpo. Questa interdipendenza sottolinea l'importanza di ogni membro, per quanto apparentemente "minore", nel contribuire alla pienezza del corpo stesso.

Leone di Giuda


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