Ghiottone e Ubriacone

Pubblicato il 6 settembre 2025 alle ore 23:04

Quando l'incoerenza umana prescinde dalla sobrietà della coerenza, non esiste ragione che possa persuadere l'irragionevole indurimento del cuore. In questo testo Leone di Giuda ci dà un concreto esempio di quanto l'odio e l'invidia sia lontano dal buon senso.

Un ghiottone e un ubriacone


La Torà afferma che, se un figlio si rifiuta di ascoltare i suoi genitori e si abbandona ad una vita dissoluta, i genitori devono condurlo davanti agli anziani della città affinché sia giudicato e lapidato. Così dice:
"Diranno agli anziani della sua città: “Questo nostro figlio è ostinato e ribelle, non obbedisce alla nostra voce, è un ghiottone e un ubriacone”" (Devarim/Deut. 21:20).

La Torà enumera cinque caratteristiche: il figlio deve essere ostinato, ribelle, disobbediente, ghiottone e ubriacone.

Nel Vangelo di Luca, il Maestro allude a questo passo quando dichiara:

"È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un uomo ghiottone e ubriacone…” (Lc 7:34).

Il mangiare e il bere eccessivo costituiscono due dei requisiti della Torà per condannare a morte il “figlio ribelle”.

In realtà, il nostro Maestro non fu né ubriacone né ghiottone. In quel brano Yeshua (Gesù) contrappone il proprio approccio rispetto all’austero ascetismo di Yohanan HaMatbil (Giovanni il Battezzatore). Giovanni si nutriva soltanto di cavallette e miele selvatico, vivendo in modo ascetico. Il Maestro, invece, mangiava pane e beveva vino come un uomo comune.
Ironia della sorte, le stesse persone che criticavano Yeshua per il suo comportamento “troppo libero” giudicavano demoniaco l’atteggiamento rigoroso di Giovanni. Yeshua osserva:
"È venuto Giovanni il Battezzatore che non mangia pane né beve vino, e voi dite: “Ha un demonio!” (Lc 7:33).

In altre parole, gli avversari del messaggio di teshuvà (ravvedimento) scartarono Giovanni a motivo del suo ascetismo severo, ma rifiutarono anche Yeshua perché non seguiva quello stesso stile di vita. Accusandolo di essere un ghiottone e un ubriacone, i suoi nemici tentarono di associarlo al figlio ribelle di Devarim 21, che meritava la lapidazione.

Il comandamento di lapidare un figlio ribelle è tra i più duri della Torà. I Maestri insegnano che non fu mai applicato nella pratica. Come dice il Talmud (Sanhedrin 71a):

Il messaggio è universale:
"Agli occhi dell’Eterno, tutti gli uomini e le donne sono in qualche misura “figli ribelli” — ostinati, disobbedienti, inclini a deviare. Come ricorda Rav Shaul (Paolo):
"Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Rom. 3:23).
«Il salario del peccato è la morte» (Rom. 6:23)."

Il testo della Torà mostra che il destino del figlio ribelle sarebbe la morte per lapidazione. Ma nel disegno divino, l’Eterno ha provveduto un sostituto: il Figlio obbediente, che ha preso su di Sé la pena dovuta ai molti figli ribelli. Come scrive ancora Rav Shaul (San Paolo):

"Il dono di Dio è la vita eterna nel Messia Yeshua nostro Signore" (Rom. 6:23).

 

Leone di Giuda


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