
In questo approfondimento Leone di Giuda ci saggia sulla durezza del cuore. Questa condizione spirituale ci chiude a qualsiasi chiamata di conversione che impedisce di riconoscere la salvezza operata di Dio. Molti passi dell'Antico e del Nuovo Testamento ci offrono la testimonianza degli inviati di Dio che a causa della parola ricevono il salario del profeta, la morte.
Tuttavia è attraverso quest'ultimi che si compiono i prodigi del Signore.
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.»
«Poiché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
hanno ascoltato male con gli orecchi
e hanno chiuso i loro occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi,
non comprendano con il cuore,
e non si convertano e io li risani.»
Un cuore per conoscere
La parashà "Ki Tavo" (Quando verrai) ci pone davanti a un tema cruciale: si possono sperimentare i miracoli di Adonai ( Signore) e tuttavia non conoscerLo in profondità.
Mosè, alla vigilia del suo congedo, lamenta che Israele, pur avendo visto la grande salvezza di YHWH e la Sua provvidenza nel deserto, non possedeva ancora “un cuore per comprendere, né occhi per vedere, né orecchie per udire fino a questo giorno” (Devarim/Deuteronomio 29:3).
Egli ricorda al popolo i segni straordinari:
le piaghe in Egitto,
la liberazione al Mare di Suf,
la nube e il fuoco che li guidavano,
la rivelazione al Sinai,
la manna quotidiana e l’acqua dalla roccia.
A ciò aggiunge un fatto sorprendente: “Per quarant’anni vi ho condotto nel deserto; i vostri vestiti non vi si sono logorati addosso, né i vostri sandali vi si sono consumati ai piedi. Non avete mangiato pane, né bevuto vino o bevande inebrianti, affinché conosceste che Io sono YHWH vostro Elohim (Dio)” (Devarim 29:4-5).
Il senso di questa affermazione, secondo i maestri, è duplice:
La dipendenza totale da Elohim. Israele non ebbe i mezzi ordinari di sostentamento (pane, vino, birra/šēkār), ma visse di ciò che il Santo, benedetto Egli sia, fornì miracolosamente. Rashì (Rabbi Shlomo Yitzchaki (1040-1105), uno dei più grandi e influenti commentatori della Torah e del Talmud) nota che tutto fu dato loro per mostrare che la loro vita dipendeva interamente da Lui.
La pedagogia della memoria. Proprio l’assenza di questi beni comuni servì come “lezione vivente”, perché la generazione uscita dall’Egitto sapesse che la loro identità non si fonda sull’autosufficienza, ma sull’alleanza con il Dio vivente.
Eppure, nonostante tali esperienze, Mosè conosceva la fragilità del cuore umano. Per questo ammonisce: “Osservate dunque le parole di questo patto e mettetele in pratica, affinché prosperiate in tutto ciò che farete” (Devarim 29:8).
I profeti, più tardi, riconosceranno la stessa verità: senza un cuore rinnovato, l’uomo rimane incline allo smarrimento. Ezechiele preannuncia il rimedio divino: “Darò loro un solo cuore e porrò dentro di loro uno spirito nuovo; toglierò dalla loro carne il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne” (Ez 11:19-20). Lo stesso Geremia lega questa promessa al Brit Chadashah (Nuovo Patto), quando la Torà sarà scritta nei cuori (Ger 31:31-34).
Nota accademica:
In ebraico “שֵׁכָר” (šēkār) non indica esattamente “birra” moderna, ma genericamente una bevanda alcolica fermentata (spesso da datteri o miele).
L’espressione “un cuore per conoscere” (לֵב לָדַעַת, lev lada‘at) sottolinea che la conoscenza di Dio non è solo intellettuale ma coinvolge la sede delle decisioni e della volontà.
Testo tratto dalla comunità messianica cristianesimo del I secolo
Leone di Giuda
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