Martiri

Pubblicato il 8 ottobre 2025 alle ore 22:32

La corrispondenza tra Plinio il Giovane e l'imperatore Traiano, datata intorno al 112 d.C., è una delle fonti storiche più importanti e antiche che documentano l'atteggiamento dell'Impero Romano nei confronti dei primi cristiani.

Plinio, all'epoca governatore della provincia di Bitinia e Ponto, scrisse a Traiano per chiedere istruzioni su come gestire i processi contro i cristiani, una questione che lo metteva in difficoltà.

​Lettera di Plinio a Traiano (Epistola X, 96)
​Nella sua lettera, Plinio descrive a Traiano la sua prassi:
Non sapendo come comportarsi, ha iniziato a interrogare coloro che venivano accusati di essere cristiani.
​Quando gli venivano portati dei presunti cristiani, egli chiedeva loro tre volte se lo fossero. Se confessavano, li faceva giustiziare, salvo i cittadini romani che venivano inviati a Roma per il processo.
​Plinio scoprì che alcuni, dopo la sua minaccia, negavano di essere cristiani. Per verificarlo, chiedeva loro di invocare gli dèi romani, sacrificare con incenso e vino alla statua dell'imperatore e, soprattutto, maledire Cristo.
Plinio riteneva che un "vero" cristiano non avrebbe mai potuto farlo.
​Plinio ammette di non aver trovato prove di crimini come omicidio o furto.
L'unica "colpa" dei cristiani sembrava essere la loro ostinazione e inflessibilità nel rifiutare di rinunciare alla loro fede.
​Dalle sue indagini, condotte anche torturando due diaconesse, Plinio riferisce che i cristiani si riunivano in un giorno stabilito prima dell'alba per cantare inni a Cristo "come a un dio" e fare un giuramento di non commettere reati. Conclude definendo la loro fede una "superstizione depravata ed eccessiva".

​Risposta di Traiano a Plinio (Epistola X, 97)
​Traiano rispose a Plinio approvando la sua condotta, ma stabilendo una politica più chiara che sarebbe diventata un modello per i decenni successivi.

​"Non sono da ricercare" (Non sunt quaerendi): Traiano stabilisce che i cristiani non devono essere attivamente perseguitati o cercati dalle autorità.

​"Se denunciati e riconosciuti colpevoli, siano puniti": Se qualcuno viene accusato formalmente e la sua colpa provata, deve essere condannato.

​"Non si devono accogliere le denunce anonime": L'imperatore dichiara che le accuse anonime sono contrarie allo spirito del diritto romano e non vanno considerate.

​Possibilità di perdono
Chi rinnega la sua fede, dimostrandolo con atti di venerazione agli dèi romani, deve essere perdonato, indipendentemente dal suo passato.

Di seguito, un estratto della lettera di Plinio, dove descrive le sue procedure per giudicare coloro che venivano accusati di essere cristiani:
​"La procedura che ho seguito con coloro che mi sono stati denunciati come cristiani è stata questa. Ho chiesto loro, in primo luogo, se fossero cristiani. Se confessavano, ho ripetuto la domanda una seconda e una terza volta, minacciandoli della pena capitale. Se perseveravano, li ho fatti giustiziare, poiché non avevo dubbi che, qualunque cosa fosse, la loro ostinazione e la loro irremovibile testardaggine meritassero di essere punite.
​Altri, con la stessa folle ostinazione, li ho messi da parte per mandarli a Roma, dato che erano cittadini romani. In seguito, come spesso accade con queste inchieste, le accuse si sono diffuse e sono emersi nuovi casi. Mi è stata presentata una lista anonima contenente i nomi di molte persone.
​Coloro che negavano di essere cristiani, o di esserlo stati, li ho liberati dopo che hanno recitato una preghiera agli dei, hanno fatto offerte con incenso e vino alla tua immagine (che avevo fatto portare per questo scopo insieme alle statue degli dei) e, inoltre, hanno maledetto Cristo. Si dice che nessuna di queste azioni possa essere costretta a fare a coloro che sono veramente cristiani.
​Altri, i cui nomi erano stati inclusi nella lista, hanno detto di essere stati cristiani in passato, ma di non esserlo più. Anch'essi hanno fatto offerte alla tua statua e hanno maledetto Cristo, e hanno sostenuto che l'intera colpa o errore di questi cristiani consistesse nel ritrovarsi, in un giorno stabilito, prima dell'alba, per cantare un inno a Cristo come se fosse un dio e per vincolarsi con un giuramento a non commettere reati, come il furto, la rapina o l'adulterio, a non mancare di parola e a non negare un deposito quando richiesto. Fatto ciò, era loro usanza disperdersi per poi riunirsi di nuovo per consumare un pasto in comune, ma innocuo. Questo, però, avevano smesso di fare dopo il mio editto, con il quale, seguendo le tue istruzioni, avevo proibito le associazioni segrete."
​Questa corrispondenza divenne una prassi ufficiale: i cristiani non erano attivamente perseguitati, ma se la loro fede veniva denunciata pubblicamente, dovevano affrontarne le conseguenze legali, a meno che non fossero disposti a rinunciarvi.


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